domenica 25 novembre 2012

Sarà facile fermare il declino con i contenuti e la voglia di combattere



di Oscar Giannetto

E’ fantastico come i media seguano i dettagli, e alimentino la confusione. Noi dobbiamo provare ad avere una visione generale, e malgrado le incertezze fattuali.

Primo. E’ convinzione diffusa che il quadro attuale non permetta deroghe all’Italia, obbligata ad un percorso senza alternative. L’Italia deve impedire la propria crisi e il proprio default perché la sua incidenza sul mercato europeo e quindi sul mercato mondiale è troppo rilevante. Anche le ipotesi formulate affinché le ricadute negative siano per quanto possibile limitate al solo mercato interno sono pura accademia o tentativi marginali, e non hanno cambiato l’opinione dominante dei players globali e nazionali.
Che questa convinzione sia fondata o infondata è persino irrilevante. Ciò che conta è che è diffusa e consolidata in diversi ambienti: nei media, nei soloni del parlamento, nei player economici, negli altri Paesi. L’Italia deve raddrizzare i propri conti, e quindi il proprio funzionamento interno, per non costituire un elemento d’instabilità globale.

Le complicate faccende nazionali – così seguite dai media - diventano dettagli. O meglio, diventano importanti ma secondari tasselli nel perseguimento dell’obiettivo di un’Italia “stabile”. La volontà del Pdl scombiccherato e della sinistra arlecchino di ottenere un’unica mazzata in un solo “election day”, la legge elettorale – pro o contro il Porcellum – persino il Monti che incespica nella politica quotidiana mentre diventa successore di se stesso sono questioni da collocare all’interno dello scenario generale della “stabilità necessaria” per l’Italia, su cui già si sono espressi sia Obama che la Merkel.
Vorrei umilmente far notare che la stabilità è desiderata non solo dai players economici e politici internazionali e nazionali. La vogliono anche i cittadini italiani, che appunto hanno ben chiaro che dobbiamo insieme “fermare il declino”.

Secondo. Con i nostri i dieci punti noi siamo nati per incidere in modo profondo sul dibattito politico, ma più ancora sulla società italiana che sugli attori politici. Il nostro non è un messaggio rivolto ai Renzi, ai Bersani, ai Montezemolo e ai Casini, ma un messaggio agli italiani. Per questo dobbiamo lavorare prima di tutto sulla diffusione del nostro messaggio e sull’allargamento della partecipazione al movimento. Questo è il nostro compito di queste settimane e di questi mesi, e questo stiamo facendo, correndo di qua e di là per il Paese, incontrando persone, riunendo non solo l’insoddisfazione e la protesta, ma soprattutto la domanda di proposte per il governo della cosa pubblica.
Fermare il declino parla agli italiani prima di tutto, e non ai politici e ai loro paladini. Fermare il declino ascolta e prende nota del rumore di fondo: del porcellum, delle primarie, della legge elettorale. Ma resta per il momento un rumore di fondo: Fermare il Declino ha un messaggio concreto, fa proposte operative: si presenta prima di tutto agli italiani con una volontà di governo.

Terzo. Sugli attori politici periclitanti e sulla vita politica non abbiamo ancora la forza sufficiente per ottenere risultati significativi, per fermare il Declino. Abbiamo ottenuto una prima leggera influenza attraverso i giornali e i media, ma non possiamo ancora convincere, “contaminare” o influenzare gli altri soggetti politici, e tanto meno spostare le decisioni pubbliche verso i dieci punti. Non abbiamo la forza di intervenire sul “rumore di fondo” della politica italiana: porcellum, legge elettorale, primarie. Non abbiamo la forza per intervenire sulle scelte economiche e fiscali del governo.
Abbiamo però la forza per fare proposte chiare e pubbliche. Proponiamo in Lombardia di non imbarcare l’esperienza negativa degli ultimi anni del Pirellone. Lo rifiutano? Se ne assumono la responsabilità politica, e si infileranno in un percorso che li condurrà alla sconfitta elettorale.
Proponiamo in Italia un programma di governo e ci proponiamo come movimento per concorrere alla sua attuazione. Si riuniscono da soli e nello stesso tempo ripetono alcune delle nostre idee? Bene, vuol dire che ritorneremo alla carica come uno dei soggetti politici con cui si è obbligati a confrontarsi, che non si possono escludere con un gesto di fastidio.
Perché il punto è questo: noi abbiamo ragione, ma dobbiamo anche farci dare ragione. Noi abbiamo un programma per l’Italia, ma dobbiamo anche avere la forza per sostenerlo.

Quarto. La priorità in questo caso diventa organizzativa e operativa. Il nostro lavoro in giro per il Paese si deve decuplicare. Dobbiamo essere presenti nelle piazze, nei teatri, nei mercati. Devono parlare di noi i cittadini, e ne devono parlare tra di loro. I giornalisti ci devono seguire come un fatto nuovo della vita politica italiana, i tweet e i commenti sui new media devono collocarci al centro del dibattito.
Noi abbiamo il dovere di presentarci alle elezioni in Lombardia e in Italia, ma anche nei luoghi dove, nelle prossime settimane e mesi sarà necessaria la nostra voce e il nostro programma. Perché di crisi politiche se ne annunciano una dopo l’altra: in Piemonte e a Torino, a Roma, in Veneto, in Molise, e un po’ dappertutto in questa fase di cambiamento.
Dobbiamo rafforzare tutti i nostri punti di rete, coinvolgere più volontari e dar loro la possibilità di contribuire a questo sforzo collettivo, raccogliere fondi con il metodo che ci contraddistingue, fondato sulla partecipazione diffusa e sulla massima trasparenza. Dobbiamo declinare i dieci punti in ogni angolo d’Italia, portare un contributo ed esprimerci sulle scelte pubbliche in ogni regione e in ogni città, e soprattutto dove vi sono segnali di crisi imminente.
Faremo ben di più di un micropartitino. Dobbiamo lavorare per raggiungere un significativo peso politico ed elettorale, e quindi contaminare con le nostre idee la società italiana. Dobbiamo soprattutto prepararci a portare un contributo decisivo per il suo governo.

Considerazione finale
Come Oscar Giannetto sono commosso per l’entusiasmo che vedo ogni volta che i dieci punti vengono presentati, quando condividiamo il “raggiunto limite di sopportazione” insieme alla nostra proposta per cambiare la politica in Italia. I teatri, le piazze sono piene quando uno dei sette promotori o uno dei nuovi leader che stanno emergendo prende la parola. E’ una cosa che dà coraggio, che offre una speranza.
La società civile vede oggi crescere la tentazione di mandare a casa l’intera classe politica, con sempre più evidenti toni settari e da mozzorecchi. La politica se l’è voluta. Credo invece che mai come ora serva trasformare il progetto dei dieci punti in una forza politica. E’ un programma alla base di un soggetto capace di “contaminare” la società italiana e la vita politica molto più di quanto possiamo fare individualmente, alla radio, dall’Università, dagli uffici, nei luoghi di produzione, nell’ambito delle nostre cerchie di amici e conoscenti.

Per le nostre idee la declinazione unica che vedo è quella del lavoro comune, della battaglia politica. Noi siamo incontrollabili e senza padrone perché siamo nuovi, perché siamo un soggetto responsabile ma immoderato che si colloca senza sogni e sul piano del reale, nell’interesse comune del Paese, appunto per “Fermare il Declino”. Molti italiani hanno capito il messaggio e partecipano attivamente alla battaglia. Altri italiani si uniranno al movimento.

Anche se nessuno è indispensabile, non restate a casa, perché c’è bisogno di voi.