lunedì 22 giugno 2015

Arriva il difficile

(Gazzetta Matin, 15 giugno 2015)

Finora, tutto bene. Nelle urne la protesta è stata significativa ma contenuta. La firma al patto di stabilità ha confermato la sintonia con il governo nazionale, il sindaco di Aosta è al lavoro. I fatti hanno confermato che problemi si risolvono con serietà, e non basta far moralismi quando poi non si è pronti ad accogliere i migranti. E’ partito un bando per l’innovazione da 3 milioni e mezzo con i fondi europei, 350 forestali hanno un lavoro, e persino un nuovo asteroide ha ottenuto il nome “valléedaoste”.

Qualche anno fa, sarebbe stata la routine della Valle Felice: oggi sono novelle che stentano a far tornare il sorriso. C’è un rumoreggiare di fondo di un contesto diverso. Il sistema di buone condizioni di lavoro, opportunità e soluzioni dipendevano dal ricco bilancio regionale e da un tessuto di organizzazioni e strutture che interagivano in modo compatibile.

Oggi, con meno risorse e la necessità di fare sviluppo lo stesso, gli equilibri tra le strutture e le persone sono peggiorati, per trasformarsi in una generale condizione di paura, di atteggiamenti difensivi, corporativi,  conservatori. La scuola valdostana che espelle uno studente su cinque non si tocca: e si protesta contro il preside-sceriffo, a conferma che gli insegnanti vanno bene così come sono. Conferire la spazzatura più lontano e con maggiore selezione comporta un impegno che si rifiuta, anche se il risparmio è di 400 mila euro all’anno. Lo stipendio al Casinò va difeso, anche se supera la soglia del pudore. Non si vuole aumentare il numero delle guide turistiche, anche se manca chi parla russo. La centrale del latte è un rudere, ma è della Regione, quindi di un ufficio, quindi di un numero limitato di persone: che prendono il tempo che vogliono per decidere cosa farne.

Si badi, sono tutte reazioni legittime, perché quel preside è antipatico, l’impegno per la differenziata è appunto aumentato, il lavoro è precario. E’ un borbottio che non trova ragioni per giustificare il presente e le sue scelte obbligate, che si alza di tono perché non capisce il futuro. Perché mancano un disegn e una prospettiva mentre la politica – soprattutto in Consiglio regionale – è totalmente in silenzio. Le mille interpellanze dell’opposizione esprimono paure e insufficienze a cui si risponde con posizioni difensive da amministratori del presente, non del futuro di una comunità: senza indicare un indirizzo collettivo e quindi un orizzonte trovare giustificazione al cambiamento in corso.


Enrico Martial

sabato 20 giugno 2015

Non rifiutare


(Gazzetta Matin, 8 giugno 2015)

Due giorni fa, nel scegliere la frutta al supermercato di piazza Plouves ad Aosta, una signora si chiedeva se il sacchetto che usava fosse compostabile.  Spedite dalla famiglia a portare la spazzatura in via Sant’Orso, due ragazze divertite piazzavano la plastica nei nuovi contenitori da Star Trek. Una trentenne con marito (o compagno) si lamentava bonariamente dell’altezza propria e dello sportello. Un tizio invece brontolava schiacciando con i piedi una latta di alluminio di un bar, perché non entrava nella feritoia.  Tutti ponevano con una qualche soddisfazione la tessera magnetica sul lettore, per far aprire il “flap”, chiedendosi se sarebbe poi stato quello di “destra” o “sinistra”.

Insomma, la nuova raccolta dei rifiuti nel centro di Aosta è davvero una novità. E’ stata accolta bene, e abbastanza bene persino da quelli che incontrano le principali difficoltà di adattamento, e cioè i maggiori produttori di rifiuti, commercianti ed esercenti. Il Comune aveva studiato altre esperienze europee, calcolato i costi e non solo i vantaggi ambientali. Soltanto ad Aosta, i setti centri di raccolta comporteranno 400 mila euro di risparmi annuali, tra riciclo venduto ai consorzi e minori costi di raccolta. Quando il sistema si estenderà a tutta la Valle il risparmio sarà  di milioni di euro: decine e centinaia di euro per ogni famiglia e impresa, anche commerciale. Siamo sulla strada dello zero rifiuti in discarica, come fossimo in Danimarca, in Tirolo o a Basilea. I soldi per l’inceneritore erano davvero buttati, e se ne stanno accorgendo anche al colosso di Gerbido a Torino. La tendenza all’economia circolare è davvero irreversibile, come è stato per la fine dei sacchetti di plastica o per l’energia degli edifici.

Ai commercianti costava poco lavoro mettere i rifiuti davanti al negozio, che però richiede più soldi nel servizio. Si guarderà quindi a come far meno fatica, ai costi non solo di acquisto ma anche di eliminazione degli imballaggi. I commercianti sono in prima fila nella battaglia, perché proprio a loro fornitori e produttori rifilano senza batter ciglio una montagna di scatole e plastiche intorno ai prodotti da vendere, e quindi appioppando di soppiatto molti costi aggiuntivi. Dal consumatore e dal negoziante verrà la richiesta di produrne meno, per spendere meno ed essere un po’ migliori. Il cambiamento è in corso e siamo in prima fila.

Enrico Martial




giovedì 11 giugno 2015

A scuola di domani


(Gazzetta Matin, 1° giugno 2015)

Maneggiare il tema della scuola è difficile, per quanto della massima importanza. Nel suo libro recente, Cesare Dujany racconta come nei primi anni (o decenni) dell’autonomia l’Assessorato alla pubblica istruzione sia stato quello tra i più importanti da assegnare. Pochi giorni fa il Salone di Palazzo regionale è stato intitolato a Maria Ida Viglino, insegnante di matematica e assessore. Tutti noi siamo stati a scuola: ma soprattutto abbiamo a che fare con persone che della loro esperienza a scuola portano ancora con sé pregi e difetti.

Il Consiglio Valle ha invitato con una mozione l’Assessorato a darsi una mossa, di fronte all’iniziativa presa da Matteo Renzi con la “Buona Scuola”. La nostra autonomia ha fino ad ora prodotto poco, con faticosi tentativi d’innovazione oppure iniziative spesso scoraggiate dal mondo freddo della politica e degli insegnanti.

Certo, a confrontarsi con l’Italia, la scuola valdostana non sembra meritare interventi specifici. Eppure ci sono segnali d’insufficienza, e variamente rappresentati: diverse famiglie cercano di integrare la formazione con corsi di lingua all’estero oppure con Intercultura, o con esperienze lavorative. Al Lycée René Dayve di Passy si è quasi formata una piccola colonia di studenti in fuga dalla Valle, altri sono finiti a Valbonne. Anche i numeri sono sconfortanti: gli abbandoni scolastici in Valle sono superiori persino alla media italiana, il numero di laureati troppo basso rispetto agli standard europei.

La reazione di un certo numero d’insegnanti al cambiamento partito da Roma è stato di rumorosa chiusura, con argomenti che circolano soltanto all’interno della loro corporazione e lasciano freddi molti di noi.  Per quanto fondati, essi esprimono paure, questioni di assunzioni e trasferimenti, e molta retorica nazionale, figlia dell’assemblearismo italiano degli anni Settanta che ancora sfianca in riunioni lo spirito positivo di molti educatori.


Da subito occorre invece una visione più ampia, perché a scuola vanno coloro che affronteranno le sfide della Valle d’Aosta di domani. E’ una faccenda che riguarda tutti noi e tutta la Valle, e non soltanto qualche migliaio di persone, da regolare con denaro e posti sicuri. E’ forse il primo messaggio che ci si attende dalla politica: usare i margini dell’autonomia per migliorare la scuola e per preparare il futuro, e non già per difendere fortini vecchiotti e arroccati.

Enrico Martial