mercoledì 28 ottobre 2015

Prudenza e Temperanza

(Gazzetta Matin, 26 ottobre 2015)


La sentenza del TAR sull’appalto dei pirogassificatore non ha  soltanto un valore giuridico, ma anche un impatto politico ed economico.

Anche senza commentarla, è facile notare l’ulteriore botta prodotta sulle finanze pubbliche regionali e con esse sull’economia valdostana, che dovrà ripagarla, se il ricorso al Consiglio di Stato non andasse a buon fine. Anche se s’impiegano le tariffe sui rifiuti, i valdostani ne pagheranno lo scotto. Le imprese avevano chiesto oltre venti milioni di euro  di risarcimento: una sovrattassa da 670 euro per una famiglia di quattro persone. Almeno fino a quando non verranno recuperati, l’aggravio costituirà un peso sul bilancio regionale, a cui già mancano 74 milioni per il 2016 senza che si riesca a trovarne adeguata copertura.

Vi è poi una dimensione politica. Pur nello stridore di una giurisprudenza che concede la decisione di costruire ma nega la competenza di modificare la decisione stessa, la sentenza del TAR va messa nel paniere delle grane che si stanno accumulando intorno al Presidente e al governo della Regione. Con il senno di poi, ci rammenta la sua proverbiale determinazione anche nell’assegnare l’appalto, ma anche la sua poca prudenza tecnica e la sua scarsa temperanza politica di fronte al clima referendario. Ora che mancano i soldi, che i 220 milioni appaiono nella loro sproporzione di fronte alle chiusure di servizi e asili, la sentenza induce a una valutazione politica anche sul metodo di governo, se produce danni siffatti. E se finisce per assegnare una ventina di milioni a imprese che ben si conoscono, nel cerchio magico di quelle che operano in Valle d’Aosta e dintorni.

Il ricorso al Consiglio di Stato poco cambia nella valutazione politica ed economica, perché il fatto ormai esiste in quanto tale, e si affianca da un lato a una probabile finanziaria priva di tagli e di riforme, da coprire solo in deficit, e dall’altro a forti pressioni sullo statuto di autonomia, di cui hanno avuto contezza i partecipanti al convegno sulle Speciali a Roma il 18 ottobre scorso. Una sommatoria di problemi che già travalicano il recente allargamento della maggioranza e che confermano che la bella stagione è davvero finita.

Il clima è questo: bisognerà mettersi in fretta su un nuovo registro, come è vero che tempeste s’annunciano anche sulle Regioni in generale, partire dal Piemonte, che con i suoi cinque miliardi di debiti scivola verso un possibile commissariamento.

Enrico Martial


mercoledì 14 ottobre 2015

Nervosismo


di Enrico Martial
(Gazzetta Matin, 12 ottobre 2015)

Usciamo da una settimana difficile, segnata da un marcato nervosismo. La formazione del bilancio per il 2016 è il cuore del problema: le uscite superano le entrate, mancano 74 milioni. L’approccio resta quello di sempre, con una serie di tagli, più o meno lineari, dai servizi a bambini e anziani alla sanità, dai Comuni ai lavori pubblici. Rispetto all’anno scorso, il clima è però cambiato, la reazione sociale è più intensa. Si aggiungono poi problemi nuovi e difficili da interpretare, comunque di ulteriore peggioramento del contesto economico e politico.

La domenica, il Congresso dell’Union ha chiesto una “Ré-union”, cioè una specie di governo di solidarietà valdostana per affrontare la crisi politico-economica.  Il mercoledì la proposta era naufragata in Consiglio Valle in una sonora bisticciata su otto risoluzioni dell’opposizione e nel nervosismo manifesto del Presidente. Negli stessi giorni la Confidi CTS valdostana è stata assorbita da quella piemontese, la trentennale Saison Culturelle è parsa in totale difficoltà (mentre i teatri a Torino funzionano). Dal Comune di Aosta si è scoperto che mancano i soldi per riparare gli automezzi, da viale Europa si è annunciata la chiusura dell’asilo nido.  Sui grandi temi non va meglio: il governo nazionale ha accettato una risoluzione sulla fusione delle Regioni, la prossima settimana si parla della riforma delle Speciali in un convegno a Roma, ma non nelle nostre Valli.

Dalle notizie e dal governo traspare freddezza sui consumatori culturali, ricorsi su chi porta in dote a Torino i prestiti della legge regionale per le imprese valdostane, sufficienza sulle riforme istituzionali romane, muso duro verso opposizioni sempre più arrabbiate. Nervosismo comprensibile, ma forse non utile.

Mentre alcuni fili scivolano di mano, altri problemi si preparano. Da un lato la manovra economica rischia iniquità e ulteriori reazioni, se oltre al welfare non si interviene anche sulle sacche di grasso della spesa corrente –dai 19 milioni di rosso del Casinò alle partecipate da riformare. Dall’altro il governo rischia la delegittimazione se non risponde in modo adeguato all’accelerazione dello smantellamento dell’autonomia, che si è intravisto con il 118, il trasloco torinese di Confidi CTS e la risoluzione sulla fusione delle Regioni.

E’ davvero un passaggio difficile. Ci vorrebbe con un grosso sospiro e una bella passeggiata, prima di fare errori questa volta importanti.

venerdì 9 ottobre 2015

Il braccio corto

(Gazzetta Matin, 5 ottobre 2015)
di Enrico Martial



Mentre brividi e sussulti scuotono la balena unionista, qualche progresso emerge dalla confusione politica. Si inizia a vedere un po’ di realismo, si è capito che tagli e mancanza di soldi stanno dettando l’agenda anche al Presidente. Fino a pochi giorni fa ancora sembrava possibile inventare nuove spese, come il reddito minimo; oggi si capisce quanto sia velleitario protestare contro i tagli agli asili nido senza una proposta complessiva alternativa. Le idee sono ora più chiare: occorre un disegno per i prossimi anni.

Su questo iniziano a riflettere partiti, esponenti politici e osservatori. A parte i richiami alla Catalogna e all’Europa, solo una proposta è finora emersa, e per voce di Bruno Milanesio. Già ispiratore del “Governo delle Grandi Opere”, nel suo ultimo intervento ha preso atto della fine di quella stagione per proporre una soluzione di “decrescita”, che comporta in sostanza la dismissione o la privatizzazione delle partecipate. E’ una prima risposta alle pressioni centrali, che già suggeriscono per voce del sottosegretario Pier Paolo Baretta la “statalizzazione” dei quattro Casinò, o la dismissione delle società che non rientrano tra le finalità istituzionali degli enti. Sarà probabilmente il caso della CVA e della DEVAL poiché la riforma costituzionale sposta allo Stato (e sottrae alla Regione) le competenze concorrenti in materia di produzione e distribuzione di energia.

E’ uno scenario di riduzione della presenza regionale nell’economia, di un braccio più corto, che si pone in continuità con il passato e anziché “ristrutturarsi” per il futuro. Le privatizzazioni potrebbero  seguire il modello di Telecom Italia, e la Valle ritornare ai tempi delle lobby a briglia sciolta sulla Regione, delle dighe ovunque, e forse anche ai  grigi tempi della debole governance regionale, dello scandalo Casinò fino all’esplosione della Cinquecento.

Non è un bel futuro, perché in questa proposta manca ancora un passaggio: cioè le riforme “che ci chiede l’Europa”. Occorre non soltanto ridurre, ma anche governare meglio e in modo più moderno, con una nuova visione della realtà regionale, che faciliti la concorrenza e l’apertura del mercato, e non la creazione di nuovi poteri bloccati. Anche se più difficile, occorre per esempio dare più fiato all’economia rimuovendo ostacoli e nicchie creati in questi anni, e ritornare al proprio mestiere sui dossier abbandonati  da tempo, come agricoltura e ferrovia.


Enrico Martial