martedì 10 novembre 2015

Tutto Cambia

(Gazzetta Matin, 9 novembre 2015)

D’un tratto il clima politico è cambiato, s’intravvede una prospettiva, forse già delineata ma ora più esplicita. Anziché battibeccarsi come al solito, maggioranza e opposizione hanno approvato insieme una serie di mozioni, scoperto linee condivise sull’autonomia, visione comune sull’edilizia e persino sui rapporti finanziari con lo Stato centrale.  Ancora dieci giorni fa, sarebbe stato disprezzo e gelide parole, ora son sorrisi.

D’altra parte l’allargamento al PD non basta più. E’ stato superato dalle restrizioni finanziarie, dalle pressioni su autonomia e Statuto, dalle frecce sempre più appuntite in Consiglio Valle, e soprattutto dalla minaccia posta dal TAR sul pirogassificatore. Una grana con alternative da brivido e non aggirabili neppure con idee bislacche e antieconomiche, giocata come a dadi in attesa del Consiglio di Stato.

Tuttavia, se il nuovo clima è costruito come sembra sulle alleanze tra partiti, la novità allora non c’è. Al massimo il cambiamento sarà limitato a qualche posizione di governo, a qualche formale riga di programma. Se non è ricerca di un nuovo percorso ma è un ravvicinamento tra sigle (UVP e UV) allora gli occhiali per capire presente e futuro resteranno gli stessi. Malgrado i nuovi toni, la continuità sarà nei fatti, il cambiamento soltanto nella forma. L’esempio più recente viene dall’allargamento della maggioranza al PD, osteggiando però l’unico tentativo renziano appena diventato sindaco di Aosta. Allo stesso modo, il bilancio in preparazione non cambia di un rigo neppure sugli sprechi parigini, e viene confermata la  chiusura della linea di Pré-Saint-Didier appena spente le luci del Consiglio Valle.

La visione sulle cose da fare, la distribuzione delle entrate e delle spese restano immutati non già perché il governo regionale e la Regione siano solidissimi: anzi con i vecchi occhiali a disposizione faticano a governare molti dossier, altri li lasciano in balia degli uffici, di un Ministro o di nessuno, dal treno all’organizzazione sanitaria. L’agenda sta passando dalla Valle all’esterno perché ancora non si è aggiornato il taccuino e condiviso un’altra agenda affidabile, capace di fissare in dieci punti in linea con il presente un percorso politico ed economico per i prossimi anni. E sarà meglio pensarci in fretta, perché è anche possibile che autonomia, bilancio e Consiglio di Stato s’incricchino tutti nello stesso tempo,  prima che faccia primavera.

Enrico Martial

martedì 3 novembre 2015

Ottimismo mezzo pieno

(Gazzetta Matin, 2 novembre 2015)

Da qualche parte si dovrebbe trovare una ragione di ottimismo. Il bilancio che passerà in Consiglio Valle continua con i tagli al welfare. Vi è la nota positiva degli investimenti in opere pubbliche, rivolte al patrimonio e a sostenere alcune imprese del settore, ma non a creare condizioni di sviluppo. Anzi, pare che saranno lavori fatti a debito, come la Grecia dei momenti migliori. Vi è il positivo annuncio della dismissione di una parte del patrimonio pubblico penosamente inutilizzato, di palazzi e di case, ma senza spiegare perché la Regione continui a pagare affitti per uffici vari e sparpagliati. Inoltre, in tempo di crisi non è detto che sia facile vendere palazzo Narbonne, che già la stessa Regione aveva rinunciato a ristrutturare perché oneroso e complicato. D’accordo, la gente va a spasso e i bar sono pieni, ma persino gli immigrati lasciano la Valle perché non presenta sufficienti opportunità.

Facciamoci coraggio, da qualche parte ci sarà un segnale positivo. Beh, forse il punto è che non siamo più debitori di denaro pubblico proveniente dall’esterno. Il nostro “residuo fiscale” diventa positivo, le imposte pagate sono superiori al denaro che resta in Valle, sia pur di poco. La compensazione dell’IVA da importazione è quasi finita, con i dieci decimi (10/10) il gettito del bilancio si fonda ormai sui soli beni prodotti e consumati in Valle d’Aosta. Lo Stato spende in Valle ancora una cinquantina di milioni in stipendi, e tra tutto forse 85-100 milioni: noi mandiamo a Roma 243 milioni per il riequilibrio delle finanze pubbliche, con saldo dunque positivo.  Magra consolazione si dirà, se mancano i soldi. C’è infatti il bicchiere mezzo vuoto, di chi ragiona con gli strumenti del passato, senza ricordare che “nulla sarà come prima”, proprio dopo averlo detto.

Tuttavia, la prospettiva è per noi cambiata: il gettito del bilancio regionale e il welfare dipendono oggi dalla qualità e solidità dell’economia valdostana, non è più l’economia che dipende dalla spesa regionale. Forse allora c’è anche un bicchiere mezzo pieno, e possiamo guardare avanti, dicendo che dobbiamo fidarci di noi stessi, di una tradizionale capacità di lavorare e di inventare, di fare iniziativa e lavoro, che serviranno per pagarci nei prossimi anni sia la sanità sia gli asili nido. Perché a sentire la vivacità di idee e commenti, a guardare le persone, la società profonda sarà di cattivo umore, ma resta solida e determinata, e offre ragioni di speranza.

Enrico Martial