martedì 3 novembre 2015

Ottimismo mezzo pieno

(Gazzetta Matin, 2 novembre 2015)

Da qualche parte si dovrebbe trovare una ragione di ottimismo. Il bilancio che passerà in Consiglio Valle continua con i tagli al welfare. Vi è la nota positiva degli investimenti in opere pubbliche, rivolte al patrimonio e a sostenere alcune imprese del settore, ma non a creare condizioni di sviluppo. Anzi, pare che saranno lavori fatti a debito, come la Grecia dei momenti migliori. Vi è il positivo annuncio della dismissione di una parte del patrimonio pubblico penosamente inutilizzato, di palazzi e di case, ma senza spiegare perché la Regione continui a pagare affitti per uffici vari e sparpagliati. Inoltre, in tempo di crisi non è detto che sia facile vendere palazzo Narbonne, che già la stessa Regione aveva rinunciato a ristrutturare perché oneroso e complicato. D’accordo, la gente va a spasso e i bar sono pieni, ma persino gli immigrati lasciano la Valle perché non presenta sufficienti opportunità.

Facciamoci coraggio, da qualche parte ci sarà un segnale positivo. Beh, forse il punto è che non siamo più debitori di denaro pubblico proveniente dall’esterno. Il nostro “residuo fiscale” diventa positivo, le imposte pagate sono superiori al denaro che resta in Valle, sia pur di poco. La compensazione dell’IVA da importazione è quasi finita, con i dieci decimi (10/10) il gettito del bilancio si fonda ormai sui soli beni prodotti e consumati in Valle d’Aosta. Lo Stato spende in Valle ancora una cinquantina di milioni in stipendi, e tra tutto forse 85-100 milioni: noi mandiamo a Roma 243 milioni per il riequilibrio delle finanze pubbliche, con saldo dunque positivo.  Magra consolazione si dirà, se mancano i soldi. C’è infatti il bicchiere mezzo vuoto, di chi ragiona con gli strumenti del passato, senza ricordare che “nulla sarà come prima”, proprio dopo averlo detto.

Tuttavia, la prospettiva è per noi cambiata: il gettito del bilancio regionale e il welfare dipendono oggi dalla qualità e solidità dell’economia valdostana, non è più l’economia che dipende dalla spesa regionale. Forse allora c’è anche un bicchiere mezzo pieno, e possiamo guardare avanti, dicendo che dobbiamo fidarci di noi stessi, di una tradizionale capacità di lavorare e di inventare, di fare iniziativa e lavoro, che serviranno per pagarci nei prossimi anni sia la sanità sia gli asili nido. Perché a sentire la vivacità di idee e commenti, a guardare le persone, la società profonda sarà di cattivo umore, ma resta solida e determinata, e offre ragioni di speranza.

Enrico Martial