mercoledì 23 dicembre 2015

Il Principe cinquecentesco

(Gazzetta Matin, 21 dicembre 2015)

Il costo politico delle riforme costituzionali è stato alto, la maggioranza è indebolita in Parlamento, le comunali 2016 preoccupano, Renzi  reagisce ma ha cambiato registro. Da un lato ha rilanciato strumenti del consenso (finanziaria a debito, concessioni stile 80 euro) dall’altro ha rallentato sulle riforme, scaricando varie responsabilità sull’Europa, dalla crisi delle piccole banche ai migranti.
In questo clima, la pressione sulla Valle d’Aosta sembra diminuita. Come annunciato dall’accordo di luglio tra il presidente Rollandin e il ministro dell’economia Padoan, arrivano i primi 50 milioni di euro relativi all’accisa passata, e sono in vista altri segnali positivi.

Si tratta di una boccata di ossigeno non solo economica ma anche politica per il governo regionale e il suo presidente, che pure hanno di fronte varie matasse da sbrogliare, dal Casinò alla sentenza sui rifiuti, alla gestione speciale di Finaosta. Pur temporaneo, è un clima sufficiente a rafforzare il governo, a ridurre l’urgenza delle riforme, a ritardare l’ulteriore allargamento della maggioranza, a continuar a far nomine come in passato, per esempio nell’APS aostana. Facilita il ritorno al Principe Solitario, che dopo la finanziaria si sente più sicuro, com’è avvenuto nel caso dei nuovi 20 milioni di prestito al Casinò.

Eppure i problemi di fondo rimangono. La Valle rimane poco competitiva: la stessa Lavazza che lascia la Valle si prepara ad investire 100 milioni di euro in uno stabilimento a Torino. Il dibattito sulle infrastrutture è disturbato da cortine fumogene e teatrini, ma riguarda il tema economico dell’accessibilità e della mobilità interna. La macchina amministrativa continua a perdere colpi, dalla sanità all’agricoltura.


Almeno in questa settimana natalizia, dovremmo allora sperare in un principe illuminato, che guardi non soltanto al galleggiamento, ma al medio termine, sui trasporti, sulla fiscalità, sull’educazione, sulla semplificazione.  Dovremmo sperare in uno sforzo di lungimiranza, perché il mondo va avanti. La COP21 avrà effetti sulla Valle dei prossimi quindici anni, gli investimenti tecnologici cambieranno nuovamente il modo di produrre e consumare, la popolazione si sposterà ancora. 

Difficile però essere ottimisti, persino in questi giorni di festa: l’immagine dominante è quella del principe cinquecentesco circondato da pochi duchi in vociante ritardo, in attesa che arrivi lo spagnuolo. 

Enrico Martial

mercoledì 9 dicembre 2015

Il Bilancio del Bilancio

(Gazzetta Matin, 7 dicembre 2015)

La legge finanziaria regionale è stata approvata dopo quattro giorni e un discreto fiume di parole, da cui bisogna districarsi per capire il nuovo 2016.

La legge è arrivata in Consiglio già fatta e finita: un po’ di debiti in più che corrispondono a investimenti su settori puntuali (ma senza vera programmazione), tagli al welfare, e un po’ di spese presidiate e intoccabili.  Presidente e Assessore alle Finanze hanno fatto un discorso simile: crisi ma continuità con il passato e speriamo per il 2018 di avere un po’ più di soldi. Il relatore della legge, Leonardo La Torre, ha parlato una lingua diversa: c’è grasso ancora da tagliare, bisogna guardare le cose in modo nuovo e ristrutturare. Erano voci discordanti, con clima sottostante d’insicurezza. La legge era forse blindata, ma anche debole. Con questa consapevolezza, e per portarla a casa in fretta e con minor danno, il presidente ha quindi aperto a qualche emendamento e alla concessione di promesse future.

Su questa finestra è nata una prima pista politica. E’ stata tracciata sia dall’opposizione sia da pezzi della maggioranza che parevano risorti, con alcune mozioni su semplificazione amministrativa, sviluppo economico interno (pur nella forma poetica della Zona franca ma anche su partecipate e agricoltura), su alcuni cuscinetti sul welfare. Sono mozioni d’indirizzo per loro natura tutte da realizzare, con passaggi in Commissione e verifiche, ma sono anche segnali di cambiamento, pur settoriali. Perché su altri punti, come sanità e ferrovia invece c’è stato un muro, che figura adesso come punto di debolezza dei due assessori in trincea. In breve: legge blindata ma politicamente debole, che ha richiesto una prima apertura politica alla stessa maggioranza e alle opposizioni.

Raccolto il risultato, il Presidente potrebbe ora tornare a fare il capo solitario come sempre, e sarebbe la scelta più facile e scontata. Oppure siamo veramente in una fase di passaggio, per le tegole che volano e che prima o poi atterrano, dall’appalto Piro alla nuova contabilità e gestione speciale di Finaosta, al Casinò o a cose che ancora non sappiamo. Se l’agenda dovrà essere almeno in parte condivisa con il Consiglio Valle, allora si apriranno spazi politici nuovi. E se vi sarà la necessità urgente di riforme, questa riguarderà più i consiglieri che hanno capito rispetto agli incerti, ai resistenti e ai partiti, che seguiranno come fossero l’intendenza.

Enrico Martial

giovedì 3 dicembre 2015

Chiacchiere e distintivo



(Gazzetta Matin, 30 novembre 2015)
Ci prepariamo a discutere il bilancio regionale, e ci arriviamo preoccupati e doloranti. Alle spalle c’è una lunga serie di asili chiusi e Capodanni tagliati, ma anche di conferme ai più fortunati, dallo splendido negozietto valdostano a Parigi fino a Vallée d’Aoste Structures, che ha appena incamerato altri 27 immobili. In una lettera di risposta al suo predecessore, Fulvio Centoz, sindaco di Aosta, si è lasciato scappare che in Regione vi sono “sedicenti autonomisti”.

Sono parole che giungono proprio mentre la pressione sull’autonomia è forte e poco resistibile. La riforma dello Statuto speciale si è persa di vista, e ora naviga in sconosciute acque nazionali. Gli emendamenti del senatore Albert  Lanièce alla finanziaria statale su accise e bilancio in pareggio sono state rigettate dal governo nazionale con il dorso della mano.

Va anche peggio nelle faccende quotidiane. Il 17 novembre la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge su appalti e concessioni, che in un comma cancella l’attuale competenza regionale nella materia. Una ventina di anni fa, avremmo letto infuocati comunicati stampa: oggi nulla, silenzio assoluto. D’altra parte in un atto consiliare gli uffici hanno scritto che il francese è “lingua straniera” mentre Ferrovie, Anas e alcuni Comuni trascurano l’ortografia e quindi la toponomastica dei luoghi, senza che vi sia reazione. I “costi standard” sono applicati in modo automatico, malgrado decenni di studi (da Janin in qua) sulle specificità della Valle. Si tratta di un’abdicazione rassegnata di una classe politica indebolita, con una tendenza alla delegittimazione, come nel recente caso dei vitalizi per gli ex-consiglieri.  

Altrove è andata anche peggio e la gente si è da tempo staccata dalla politica. Da noi controllo sociale e partecipazione rimangono ancora alti, anche se la Valle par guidata da gattini ciechi. A volte sembrano riaprire gli occhi: superando le polemiche, il Consiglio regionale ha proposto al Comune di Aosta di far fronte comune sull’autonomia. Forse è la solita fuffa, prodotta da “sedicenti autonomisti”, tutti “chiacchiere e distintivo”, e non già un segnale di ripartenza. Eppure, dopo anni di declino, questo fronte comune potrebbe spingere i partiti a cercare consenso sulle proposte e non sugli interessi, potrebbe  imporre all’amministrazione di tornare a una funzione di servizio, e favorire un dibattito sulle priorità collettive, oggi nascoste sotto macerie di interessi settoriali e materiali.

Enrico Martial