(Gazzetta Matin, 8 giugno 2015)
Due giorni fa, nel scegliere la frutta al supermercato di
piazza Plouves ad Aosta, una signora si chiedeva se il sacchetto che usava
fosse compostabile. Spedite dalla
famiglia a portare la spazzatura in via Sant’Orso, due ragazze divertite
piazzavano la plastica nei nuovi contenitori da Star Trek. Una trentenne con
marito (o compagno) si lamentava bonariamente dell’altezza propria e dello
sportello. Un tizio invece brontolava schiacciando con i piedi una latta di
alluminio di un bar, perché non entrava nella feritoia. Tutti ponevano con una qualche soddisfazione
la tessera magnetica sul lettore, per far aprire il “flap”, chiedendosi se
sarebbe poi stato quello di “destra” o “sinistra”.
Insomma, la nuova raccolta dei rifiuti nel centro di Aosta è
davvero una novità. E’ stata accolta bene, e abbastanza bene persino da quelli
che incontrano le principali difficoltà di adattamento, e cioè i maggiori
produttori di rifiuti, commercianti ed esercenti. Il Comune aveva studiato altre
esperienze europee, calcolato i costi e non solo i vantaggi ambientali. Soltanto
ad Aosta, i setti centri di raccolta comporteranno 400 mila euro di risparmi
annuali, tra riciclo venduto ai consorzi e minori costi di raccolta. Quando il
sistema si estenderà a tutta la Valle il risparmio sarà di milioni di euro: decine e centinaia di
euro per ogni famiglia e impresa, anche commerciale. Siamo sulla strada dello
zero rifiuti in discarica, come fossimo in Danimarca, in Tirolo o a Basilea. I
soldi per l’inceneritore erano davvero buttati, e se ne stanno accorgendo anche
al colosso di Gerbido a Torino. La tendenza all’economia circolare è davvero
irreversibile, come è stato per la fine dei sacchetti di plastica o per
l’energia degli edifici.
Ai commercianti costava poco lavoro mettere i rifiuti
davanti al negozio, che però richiede più soldi nel servizio. Si guarderà
quindi a come far meno fatica, ai costi non solo di acquisto ma anche di eliminazione
degli imballaggi. I commercianti sono in prima fila nella battaglia, perché proprio
a loro fornitori e produttori rifilano senza batter ciglio una montagna di scatole
e plastiche intorno ai prodotti da vendere, e quindi appioppando di soppiatto
molti costi aggiuntivi. Dal consumatore e dal negoziante verrà la richiesta di produrne
meno, per spendere meno ed essere un po’ migliori. Il cambiamento è in corso e
siamo in prima fila.
Enrico Martial