mercoledì 29 luglio 2015

Il tabellone dell'Olimpo

(27 luglio 2015)

Ora che la maggioranza è più ampia, se non più solida, si andrà avanti. Il programma è stato aggiornato con un elenco asciutto. E’ già in atto al Casinò: nuovi vertici e volontà espressa di ri-governare un’azienda (pubblica) che una volta produceva reddito e ora grava tristemente sul contribuente valdostano. Anche un tema urgente come la scuola ha fatto progressi, fossero anche solo d’immagine: la ministra Giannini è venuta a firmare un documento sull’adattamento della Buona scuola alla specialità valdostana.

Il punto in discussione è infatti l’agenda politica, il programma di cose da fare, scritte e sottintese. Chi tiene l’agenda è anche chi la governa, chi ne stabilisce le priorità operative e le modalità, chi organizza e determina le scelte corrispondenti. Per questo occorre anzitutto sapere cosa c’è in agenda, cosa sta per capitare.

E il bello sono invece gli occhi sgranati di quelli che propongono, nel calore di luglio, lo stipendio minimo garantito, o altre proposte alla moda, citando la Serracchiani dal PD friulano o Piketty, nella totale indifferenza sui costi e sulle ricadute reali. Ritengono  che sia quella la priorità dell’agenda. Dall’Olimpo del secondo piano lo sguardo è divertito, incuriosito, per questo agitarsi nella caverna platonica. Le cose da fare sono altre e sono scritte sul Tabellone che permette di superare in velocità e contenuti sia la maggioranza sia l’opposizione. E quindi veloce legnata alla professionalità di Sergio Rizzo del Corriere della Sera sulla solidità dei conti regionali,  adattamento della Buona scuola alla specificità valdostana, probabile assunzione di un ruolo sulle riforme istituzionali e sui disastri del trasporto pubblico e privato. Insomma, un’agenda di governo, seria o di facciata, ma vera agenda.

La concorrenza politica può essere positiva. Può portare idee nuove, stimolare e aiutare, far accelerare e adattare problemi e rimedi, persino facilitare la sostituzione del personale politico. Invece, a star fuori dall’agenda delle priorità, a far liste di proscrizione a cinque stelle per un viaggio in autobus all’Expo, a scopiazzare salari minimi che finiranno per distorcere politiche sociali e di sviluppo, non solo non si va lontano, ma non si aiuta né la Valle né se stessi. Il manovratore sarà più solo davanti al tabellone,  forse anche più inquieto sulle decisioni, perché esposto a errori più numerosi e a maggiori rischi esterni. E resterà comunque insostituibile.

Enrico Martial

mercoledì 22 luglio 2015

Vincitori e Vinti


(Gazzetta Matin, 20 luglio 2015)

La settimana trascorsa ha segnato la fine del progetto Renaissance e dell’alleanza alternativa: ed è ugualmente esaurito lo slancio che la nascita dell’UVP aveva suscitato, anche nei consensi. Entusiasmo calato, Constituante scomparsa come esperienza di mera comunicazione senza base politica, modesti risultati alle comunali, linea tragicamente conservatrice in economia: niente riforme ma aumenti di spesa, difesa a oltranza del passato benessere. L’arrivo del PD in maggioranza si fonda non solo nell’orientamento riformista nazionale “renziano” o nel tradizionale collegamento diretto con la maggioranza nazionale, ma anche e soprattutto nella crisi dell’opposizione. Sono fatti misurabili: lo spaesamento produce due voti di astensione anziché contrari al passaggio del PD in maggioranza e di Raimondo Donzel in assessorato. Una specie di pre-adesione, semmai il progetto di governo diventasse più solido.

Anche dal lato opposto le mappe sono confuse. Due voti simmetrici di astensione nella maggioranza indicano altro malessere, che sottende dubbi in altri consiglieri. Le ragioni di superficie che vengono di solito addotte – di carattere, di poltrona – sono di nuovo da interpretare come sintomi di un progetto che non è capito, è poco spiegato, è poco condiviso. Il risultato è che per eleggere il nuovo assessore sono servite almeno undici ore di estenuante dibattito.

D’altra parte, la confusione delle mappe riguarda tutta la Valle e non solo il Consiglio regionale. Singoli individui hanno forse le idee più chiare, ma non abbastanza da motivare e riunire gli animi. Eppure i fatti parlano chiaro: sono finiti i soldi in Regione, l’economia fragilissima è appoggiata su poche imprese e su un tessuto di competenze in trasformazione. Varie minacce premono dall’esterno, tra cui il protrarsi della crisi economica e forse nuove rigide riforme finanziarie in Italia. Tra tutte, così come suggerito dal sottosegretario Bressa in Parlamento, il 20 maggio scorso, anche l’ambigua tentazione di rendere più uniformi gli Statuti speciali, la cui crisi nelle regioni insulari rischia di avere negativi effetti su quelle alpine.

Con questo scenario, anche il nuovo governo non pare così forte, tra incomprensioni interne e grane esterne. Ci vorrebbe forse un governo di larghe intese o di salute pubblica, con cui capire e poi affrontare le riforme strutturali e urgenti che servono per stare al passo con gli altri territori europei.


Enrico Martial

mercoledì 15 luglio 2015

Consiglio di risveglio

(Gazzetta Matin, 13 luglio 2015)

La politica regionale sembra muoversi sotto il segno della confusione, così come il riequilibrio e l’allargamento di maggioranza. Per semplificare, si riconduce tutto a una questione di poltrone. Invece è qualcosa di più.

Come altrove, le riforme sono diventate un obbligo, il problema attorno a cui attualmente ruota la conservazione e il consolidamento del potere ad ogni livello, da Tsipras a Hollande, da Renzi a Rollandin. Chi le mette in atto acquista forza, stabilizza le questioni economiche e sociali, mette in sicurezza i conti pubblici e quindi la propria posizione di governo. Non è una passeggiata: si devono affrontare proteste, incomprensioni, documenti tecnici e rognosi osservatori. Tispras sopravvive a stento, Varoufakis viene licenziato, Chiamparino e Renzi traballano, Rollandin deve correre. E’ una fase impegnativa per chi governa: con opposizione più facile da contenere, ma obiettivi più difficili da raggiungere.

In Valle d’Aosta, indicatori economici e percezione politica fanno capire che il ritmo delle riforme è inadeguato. Dal punto di vista del Presidente, si tratta al solito di scarsa capacità: incerta comprensione del messaggio e stentata esecuzione, nella maggioranza e nel governo regionale. Ci vuole un repulisti nei partiti e in Giunta, a costo di accentrare ancora. Altri, in maggioranza e all’opposizione rilevano mancanza di visione, di narrazione e di prospettiva: le riforme non spiegano dove si vuole andare, dove si intende portare la Valle d’Aosta. Anche i fatti, che dovrebbero parlare da soli, mostrano i limiti dell’azione regionale. Per esempio, il taglio delle spese sembra limitare il campo delle riforme al solo equilibrio di bilancio: mancano invece iniziative forti sulla semplificazione amministrativa, sulla pressione fiscale, sulla competitività, sulle facilitazioni per le aziende e il lavoro.


La fase che si apre in Consiglio Valle è quindi interessante. E’ possibile che l’allargamento della maggioranza preluda a un semplice ulteriore accentramento del potere, nello stretto perimetro del buon governo dei conti e della macchina regionale. Sarà una strategia utile per salvarsi in Italia, ma insufficiente per sopravvivere in Europa se finirà, fra poco più di un anno, l’iniezione di liquidità da parte della BCE. Nelle prossime settimane capiremo quindi se ci saranno le capacità, per dirla con Renzi, di interpretare l’accelerazione necessaria sulle riforme, in Valle d’Aosta e in Italia.

Enrico Martial

martedì 7 luglio 2015

Lezione di Greco


di Enrico Martial
(Gazzetta Matin, 6 luglio 2015)

Malgrado le alte montagne che la proteggono, la Valle è ben inserita nel sistema europeo. I grandi fenomeni economici, sociali e culturali arrivano anche qui.
Il dibattersi greco tra instabilità balcanica e impegno europeo è un grave caso specifico di un processo di decennale trasformazione. L’integrazione europea non è questione buonista o retorica da portare nei licei o nelle bancarelle, ma un’armonizzazione di norme e di comportamenti decisionali, nell’amministrazione, nelle imprese e nei cittadini, come sistema di diritti e di doveri. La stessa Italia si è largamente modernizzata grazie al contesto europeo, per quanto rimangano vivaci sacche di cattiva amministrazione e debole politica. La pace interna tra gli Stati, la stabilità esterna rispetto a un mondo rissoso, e anche uno sviluppo economico aperto in un mondo globalizzato sono risultati visibili anche dal punto di osservazione valdostano.

Le regole sono simili dappertutto, in Bretagna, nel Peloponneso e in Valle d’Aosta, dagli appalti alle norme ambientali, dalle regole di bilancio alla trasparenza e funzionamento amministrativo, e ora nei fatti anche nel mercato nel lavoro. Per noi oggi, esse richiedono capacità di comprensione, di governo e d’azione non soltanto dai vertici regionali, ma da tutto il sistema valdostano. Per stare al passo nell’Europa integrata  è necessario che le nostre scuole, la nostra amministrazione, le nostre imprese – Casinò compreso – funzionino più o meno come fossero in Baviera o in una provincia olandese. Ritardi formativi, eccessi di personale, rigidità corporative, freni all’innovazione, complicazioni cartacee dell’amministrazione sono ostacoli allo sviluppo della Valle. La tempesta che si è addensata dopo la crisi del 2008, ora aggravata con il caso greco, richiede una più alta coscienza e responsabilità di tutti. Occorre migliorare in fretta ciò che facciamo al nostro interno.

Dobbiamo però anche portare un contributo più generale. Malgrado i decennali attacchi di una parte della stampa italiana, la Valle gode di una discreta reputazione al suo esterno, forse perché gli altri fanno peggio, o forse per qualche risultato raggiunto. Di fronte alle chiusure di altri – come in Piemonte o in variegate voci politiche -  occorre posizionare la Valle sulla propria capacità di gestire la propria specificità e di cogliere le opportunità dei cambiamenti e delle riforme in corso: che oltre ad essere utili allo sviluppo offrono una nuova linea d’azione per i prossimi anni, anche nei rapporti con Roma (sullo Statuto) e con Bruxelles (su norme e politiche). 

mercoledì 1 luglio 2015

Ora tocca allo Statuto


(Gazzetta Matin, 29 giugno 2015)
di Enrico Martial

Il 18 giugno scorso, il sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa ha ospitato a Roma una riunione dei presidenti delle Regioni speciali e province autonome in vista della revisione dei loro Statuti. E’ stata costituita una commissione tecnica preparatoria, di cui farà parte Robert Louvin, nominato a questo scopo dalla Giunta regionale il 26 giugno.

La riforma dello statuto è il secondo grande nodo che viene al pettine, dopo quello finanziario. Il bilancio regionale è sceso di circa 600 milioni, gran parte per la soppressione della quota sostitutiva dell’IVA da importazione e 220 come contributo regionale al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica statale. Adesso è la volta delle competenze e dello Statuto.

E’ una riforma che non sembra spaventare. Sidice che ogni modifica sarà concertata tra lo Stato e la singola Regione o Provincia speciale, le rassicurazioni nazionali sono frequenti nei modi e nelle parole, sia da parte del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sia da parte dei ministri, ultimo quello dell’istruzione Stefania Giannini sulla buona scuola e le specificità della Valle d’Aosta.

Eppure vi sono segnali d’allarme. Il 18 giugno, mentre il presidente della Valle sottolineava il principio dell’intesa, il collega presidente dell’autonoma Sardegna Francesco Pigliaru considerava le “norme di attuazione come strumento da utilizzare in modo unitario, con l’obiettivo di armonizzare i risultati delle singole intese” cioè, per armonizzare tra loro gli Statuti speciali. Nei media e nel dibattito politico il clima è poi ostile da anni. Le critiche condizioni in cui si trovano le Regioni ordinarie non aiuta. Prevale la logica del centro, delle “norme fondamentali di riforma economico-sociale” che la revisione costituzionale vuole rafforzare, e a cui si appella per le Speciali la legge delega sulle direttive appalti e concessioni, approdata il 22 giugno alla Camera.


Il contesto politico valdostano sembra guardare altrove. L’opposizione rischia di passare dalla “Constituante” alla protesta nazionale civatiana a cinque stelle, allontanando prospettive di governo e messa a fuoco delle priorità, compresa quella sull’autonomia.  La maggioranza naviga in un quadro complicato tra pressione delle decisioni amministrative e allargamento al PD: il quotidiano si riempie ed è difficile sviluppare una visione globale. Da fuori, bussano alla porta.