(Gazzetta Matin, 20 luglio 2015)
La settimana trascorsa ha segnato la fine del progetto
Renaissance e dell’alleanza alternativa: ed è ugualmente esaurito lo slancio
che la nascita dell’UVP aveva suscitato, anche nei consensi. Entusiasmo calato,
Constituante scomparsa come esperienza di mera comunicazione senza base
politica, modesti risultati alle comunali, linea tragicamente conservatrice in
economia: niente riforme ma aumenti di spesa, difesa a oltranza del passato
benessere. L’arrivo del PD in maggioranza si fonda non solo nell’orientamento
riformista nazionale “renziano” o nel tradizionale collegamento diretto con la
maggioranza nazionale, ma anche e soprattutto nella crisi dell’opposizione.
Sono fatti misurabili: lo spaesamento produce due voti di astensione anziché
contrari al passaggio del PD in maggioranza e di Raimondo Donzel in assessorato.
Una specie di pre-adesione, semmai il progetto di governo diventasse più
solido.
Anche dal lato opposto le mappe sono confuse. Due voti simmetrici
di astensione nella maggioranza indicano altro malessere, che sottende dubbi in
altri consiglieri. Le ragioni di superficie che vengono di solito addotte – di
carattere, di poltrona – sono di nuovo da interpretare come sintomi di un
progetto che non è capito, è poco spiegato, è poco condiviso. Il risultato è
che per eleggere il nuovo assessore sono servite almeno undici ore di estenuante
dibattito.
D’altra parte, la confusione delle mappe riguarda tutta la
Valle e non solo il Consiglio regionale. Singoli individui hanno forse le idee
più chiare, ma non abbastanza da motivare e riunire gli animi. Eppure i fatti parlano
chiaro: sono finiti i soldi in Regione, l’economia fragilissima è appoggiata su
poche imprese e su un tessuto di competenze in trasformazione. Varie minacce premono
dall’esterno, tra cui il protrarsi della crisi economica e forse nuove rigide
riforme finanziarie in Italia. Tra tutte, così come suggerito dal
sottosegretario Bressa in Parlamento, il 20 maggio scorso, anche l’ambigua
tentazione di rendere più uniformi gli Statuti speciali, la cui crisi nelle
regioni insulari rischia di avere negativi effetti su quelle alpine.
Con questo scenario, anche il nuovo governo non pare così
forte, tra incomprensioni interne e grane esterne. Ci vorrebbe forse un governo
di larghe intese o di salute pubblica, con cui capire e poi affrontare le
riforme strutturali e urgenti che servono per stare al passo con gli altri
territori europei.
Enrico Martial