Non facciamo bella figura, con questa storia dei rimborsi
anche se, nel senso comune, le accuse non sono così roboanti. Report esibì una ricevuta da un
milioncino di euro per un gruppo del consiglio calabrese e ricordiamo il suv comprato
nel Lazio per fronteggiare la rarissima neve romana. I nostri sono nei guai
anche se l’impiccio da dirimere riguarda i costi del precario giornalino del
movimento. In più, li conosciamo di persona, e li sappiamo diversi dal signor Fiorito.
Tuttavia, indipendentemente dall’esito, il danno è fatto per
la sola esistenza dell’accusa. Il nostro adeguamento al funzionamento delle
altre assemblee regionali ha comunque lasciato aperto un varco che avremmo
potuto tenere chiuso, proteggendo la reputazione non soltanto del Consiglio
Valle, ma anche della nostra autonomia e della Valle d’Aosta. Assimilati alle
altre Regioni, fatichiamo a spiegare che siamo più seri, proprio in questa
stagione di riforme.
Viene allora spontaneo chiedersi come si sia potuto lasciare
agli eletti in Consiglio Valle la responsabilità diretta e personale della
gestione fisica e contabile dei soldi, cioè di tenere contratti, ricevute e pagamenti.
Leggiamo di errori banali in assenza del ruolo degli uffici: separazione tra
decisore, liquidatore e pagatore, controllo esterno, trasparenza, regolarità
degli archivi. I nostri personaggi più coloriti si sono trovati conservare ricevute,
senza accorgersi che gli uffici si erano ritirati dalle proprie responsabilità,
lasciando loro in mano un petardo a orologeria e alla nostra autonomia una mina
sotto i piedi. Una burocrazia qui distratta, ma arcigna e mal zelante altrove,
quando con i fondi europei rifiuta il rimborso del trasporto alternativo
all’oratore atterrato in altro aeroporto, o immagina i professori universitari
non candidabili alle elezioni regionali.
Anche la società civile poteva mettere becco. Oggi la morale
dei giornalisti stride, se da tempo potevamo scrivere una noterella, o fare
un’inchiesta prima della procura. Sia detto non per cospargere falsamente
d’inchiostro il capo mio e dei colleghi, ma per il futuro. Perché i capigruppo,
sotto gli occhi tutti, fanno ancora adesso, a marzo 2015, il lavoro degli altri:
tengono contratti, carte, e fanno i conti a penna, pronti a sbagliare un totale
e a perdere una ricevuta. Con gli uffici che ancora non hanno fatto proprio
l’errore, e ancora paiono irresponsabilmente distratti.
Enrico Martial