(Gazzetta Matin, 5 ottobre 2015)
di Enrico Martial
Mentre brividi e sussulti scuotono la balena unionista,
qualche progresso emerge dalla confusione politica. Si inizia a vedere un po’
di realismo, si è capito che tagli e mancanza di soldi stanno dettando l’agenda
anche al Presidente. Fino a pochi giorni fa ancora sembrava possibile inventare
nuove spese, come il reddito minimo; oggi si capisce quanto sia velleitario
protestare contro i tagli agli asili nido senza una proposta complessiva
alternativa. Le idee sono ora più chiare: occorre un disegno per i prossimi
anni.
Su questo iniziano a riflettere partiti, esponenti politici e
osservatori. A parte i richiami alla Catalogna e all’Europa, solo una proposta
è finora emersa, e per voce di Bruno Milanesio. Già ispiratore del “Governo
delle Grandi Opere”, nel suo ultimo intervento ha preso atto della fine di
quella stagione per proporre una soluzione di “decrescita”, che comporta in
sostanza la dismissione o la privatizzazione delle partecipate. E’ una prima risposta
alle pressioni centrali, che già suggeriscono per voce del sottosegretario Pier
Paolo Baretta la “statalizzazione” dei quattro Casinò, o la dismissione delle
società che non rientrano tra le finalità istituzionali degli enti. Sarà
probabilmente il caso della CVA e della DEVAL poiché la riforma costituzionale
sposta allo Stato (e sottrae alla Regione) le competenze concorrenti in materia
di produzione e distribuzione di energia.
E’ uno scenario di riduzione della presenza regionale
nell’economia, di un braccio più corto, che si pone in continuità con il
passato e anziché “ristrutturarsi” per il futuro. Le privatizzazioni
potrebbero seguire il modello di Telecom
Italia, e la Valle ritornare ai tempi delle lobby a briglia sciolta sulla
Regione, delle dighe ovunque, e forse anche ai
grigi tempi della debole governance regionale, dello scandalo Casinò
fino all’esplosione della Cinquecento.
Non è un bel futuro, perché in questa proposta manca ancora
un passaggio: cioè le riforme “che ci chiede l’Europa”. Occorre non soltanto
ridurre, ma anche governare meglio e in modo più moderno, con una nuova visione
della realtà regionale, che faciliti la concorrenza e l’apertura del mercato, e
non la creazione di nuovi poteri bloccati. Anche se più difficile, occorre per
esempio dare più fiato all’economia rimuovendo ostacoli e nicchie creati in
questi anni, e ritornare al proprio mestiere sui dossier abbandonati da tempo, come agricoltura e ferrovia.
Enrico Martial