venerdì 9 ottobre 2015

Il braccio corto

(Gazzetta Matin, 5 ottobre 2015)
di Enrico Martial



Mentre brividi e sussulti scuotono la balena unionista, qualche progresso emerge dalla confusione politica. Si inizia a vedere un po’ di realismo, si è capito che tagli e mancanza di soldi stanno dettando l’agenda anche al Presidente. Fino a pochi giorni fa ancora sembrava possibile inventare nuove spese, come il reddito minimo; oggi si capisce quanto sia velleitario protestare contro i tagli agli asili nido senza una proposta complessiva alternativa. Le idee sono ora più chiare: occorre un disegno per i prossimi anni.

Su questo iniziano a riflettere partiti, esponenti politici e osservatori. A parte i richiami alla Catalogna e all’Europa, solo una proposta è finora emersa, e per voce di Bruno Milanesio. Già ispiratore del “Governo delle Grandi Opere”, nel suo ultimo intervento ha preso atto della fine di quella stagione per proporre una soluzione di “decrescita”, che comporta in sostanza la dismissione o la privatizzazione delle partecipate. E’ una prima risposta alle pressioni centrali, che già suggeriscono per voce del sottosegretario Pier Paolo Baretta la “statalizzazione” dei quattro Casinò, o la dismissione delle società che non rientrano tra le finalità istituzionali degli enti. Sarà probabilmente il caso della CVA e della DEVAL poiché la riforma costituzionale sposta allo Stato (e sottrae alla Regione) le competenze concorrenti in materia di produzione e distribuzione di energia.

E’ uno scenario di riduzione della presenza regionale nell’economia, di un braccio più corto, che si pone in continuità con il passato e anziché “ristrutturarsi” per il futuro. Le privatizzazioni potrebbero  seguire il modello di Telecom Italia, e la Valle ritornare ai tempi delle lobby a briglia sciolta sulla Regione, delle dighe ovunque, e forse anche ai  grigi tempi della debole governance regionale, dello scandalo Casinò fino all’esplosione della Cinquecento.

Non è un bel futuro, perché in questa proposta manca ancora un passaggio: cioè le riforme “che ci chiede l’Europa”. Occorre non soltanto ridurre, ma anche governare meglio e in modo più moderno, con una nuova visione della realtà regionale, che faciliti la concorrenza e l’apertura del mercato, e non la creazione di nuovi poteri bloccati. Anche se più difficile, occorre per esempio dare più fiato all’economia rimuovendo ostacoli e nicchie creati in questi anni, e ritornare al proprio mestiere sui dossier abbandonati  da tempo, come agricoltura e ferrovia.


Enrico Martial