di Oscar Giannetto
E’ fantastico come i media seguano i dettagli, e alimentino
la confusione. Noi dobbiamo provare ad avere una visione generale, e malgrado
le incertezze fattuali.
Primo. E’
convinzione diffusa che il quadro attuale non permetta deroghe all’Italia,
obbligata ad un percorso senza alternative. L’Italia deve impedire la propria
crisi e il proprio default perché la sua incidenza sul mercato europeo e quindi
sul mercato mondiale è troppo rilevante. Anche le ipotesi formulate affinché le
ricadute negative siano per quanto possibile limitate al solo mercato interno
sono pura accademia o tentativi marginali, e non hanno cambiato l’opinione
dominante dei players globali e nazionali.
Che questa convinzione sia fondata o infondata è persino
irrilevante. Ciò che conta è che è diffusa e consolidata in diversi ambienti: nei
media, nei soloni del parlamento, nei player economici, negli altri Paesi. L’Italia
deve raddrizzare i propri conti, e quindi il proprio funzionamento interno, per
non costituire un elemento d’instabilità globale.
Le complicate faccende nazionali – così seguite dai media -
diventano dettagli. O meglio, diventano importanti ma secondari tasselli nel
perseguimento dell’obiettivo di un’Italia “stabile”. La volontà del Pdl scombiccherato
e della sinistra arlecchino di ottenere un’unica mazzata in un solo “election
day”, la legge elettorale – pro o contro il Porcellum – persino il Monti che
incespica nella politica quotidiana mentre diventa successore di se stesso sono
questioni da collocare all’interno dello scenario generale della “stabilità
necessaria” per l’Italia, su cui già si sono espressi sia Obama che la Merkel.
Vorrei umilmente far notare che la stabilità è desiderata
non solo dai players economici e politici internazionali e nazionali. La
vogliono anche i cittadini italiani, che appunto hanno ben chiaro che dobbiamo
insieme “fermare il declino”.
Secondo. Con i
nostri i dieci punti noi siamo nati per incidere in modo profondo sul dibattito
politico, ma più ancora sulla società italiana che sugli attori politici. Il
nostro non è un messaggio rivolto ai Renzi, ai Bersani, ai Montezemolo e ai
Casini, ma un messaggio agli italiani. Per questo dobbiamo lavorare prima di
tutto sulla diffusione del nostro messaggio e sull’allargamento della
partecipazione al movimento. Questo è il nostro compito di queste settimane e
di questi mesi, e questo stiamo facendo, correndo di qua e di là per il Paese,
incontrando persone, riunendo non solo l’insoddisfazione e la protesta, ma soprattutto
la domanda di proposte per il governo della cosa pubblica.
Fermare il declino parla agli italiani prima di tutto, e non
ai politici e ai loro paladini. Fermare il declino ascolta e prende nota del
rumore di fondo: del porcellum, delle primarie, della legge elettorale. Ma
resta per il momento un rumore di fondo: Fermare il Declino ha un messaggio
concreto, fa proposte operative: si presenta prima di tutto agli italiani con
una volontà di governo.
Terzo. Sugli
attori politici periclitanti e sulla vita politica non abbiamo ancora la forza
sufficiente per ottenere risultati significativi, per fermare il Declino.
Abbiamo ottenuto una prima leggera influenza attraverso i giornali e i media,
ma non possiamo ancora convincere, “contaminare” o influenzare gli altri
soggetti politici, e tanto meno spostare le decisioni pubbliche verso i dieci
punti. Non abbiamo la forza di intervenire sul “rumore di fondo” della politica
italiana: porcellum, legge elettorale, primarie. Non abbiamo la forza per
intervenire sulle scelte economiche e fiscali del governo.
Abbiamo però la forza per fare proposte chiare e pubbliche. Proponiamo
in Lombardia di non imbarcare l’esperienza negativa degli ultimi anni del
Pirellone. Lo rifiutano? Se ne assumono la responsabilità politica, e si
infileranno in un percorso che li condurrà alla sconfitta elettorale.
Proponiamo in Italia un programma di governo e ci proponiamo
come movimento per concorrere alla sua attuazione. Si riuniscono da soli e
nello stesso tempo ripetono alcune delle nostre idee? Bene, vuol dire che
ritorneremo alla carica come uno dei soggetti politici con cui si è obbligati a
confrontarsi, che non si possono escludere con un gesto di fastidio.
Perché il punto è questo: noi abbiamo ragione, ma dobbiamo
anche farci dare ragione. Noi abbiamo un programma per l’Italia, ma dobbiamo
anche avere la forza per sostenerlo.
Quarto. La
priorità in questo caso diventa organizzativa e operativa. Il nostro lavoro in
giro per il Paese si deve decuplicare. Dobbiamo essere presenti nelle piazze, nei
teatri, nei mercati. Devono parlare di noi i cittadini, e ne devono parlare tra
di loro. I giornalisti ci devono seguire come un fatto nuovo della vita
politica italiana, i tweet e i commenti sui new media devono collocarci al
centro del dibattito.
Noi abbiamo il dovere di presentarci alle elezioni in
Lombardia e in Italia, ma anche nei luoghi dove, nelle prossime settimane e
mesi sarà necessaria la nostra voce e il nostro programma. Perché di crisi politiche
se ne annunciano una dopo l’altra: in Piemonte e a Torino, a Roma, in Veneto,
in Molise, e un po’ dappertutto in questa fase di cambiamento.
Dobbiamo rafforzare tutti i nostri punti di rete,
coinvolgere più volontari e dar loro la possibilità di contribuire a questo
sforzo collettivo, raccogliere fondi con il metodo che ci contraddistingue,
fondato sulla partecipazione diffusa e sulla massima trasparenza. Dobbiamo declinare
i dieci punti in ogni angolo d’Italia, portare un contributo ed esprimerci
sulle scelte pubbliche in ogni regione e in ogni città, e soprattutto dove vi
sono segnali di crisi imminente.
Faremo ben di più di un micropartitino. Dobbiamo lavorare
per raggiungere un significativo peso politico ed elettorale, e quindi
contaminare con le nostre idee la società italiana. Dobbiamo soprattutto
prepararci a portare un contributo decisivo per il suo governo.
Considerazione finale
Come Oscar Giannetto sono commosso per l’entusiasmo che vedo
ogni volta che i dieci punti vengono presentati, quando condividiamo il “raggiunto
limite di sopportazione” insieme alla nostra proposta per cambiare la politica
in Italia. I teatri, le piazze sono piene quando uno dei sette promotori o uno
dei nuovi leader che stanno emergendo prende la parola. E’ una cosa che dà
coraggio, che offre una speranza.
La società civile vede oggi crescere la tentazione di
mandare a casa l’intera classe politica, con sempre più evidenti toni settari e
da mozzorecchi. La politica se l’è voluta. Credo invece che mai come ora serva
trasformare il progetto dei dieci punti in una forza politica. E’ un programma alla
base di un soggetto capace di “contaminare” la società italiana e la vita
politica molto più di quanto possiamo fare individualmente, alla radio,
dall’Università, dagli uffici, nei luoghi di produzione, nell’ambito delle
nostre cerchie di amici e conoscenti.
Per le nostre idee la declinazione unica che vedo è quella
del lavoro comune, della battaglia politica. Noi siamo incontrollabili e senza
padrone perché siamo nuovi, perché siamo un soggetto responsabile ma immoderato
che si colloca senza sogni e sul piano del reale, nell’interesse comune del
Paese, appunto per “Fermare il Declino”. Molti italiani hanno capito il
messaggio e partecipano attivamente alla battaglia. Altri italiani si uniranno al
movimento.
Anche se nessuno è indispensabile, non restate a
casa, perché c’è bisogno di voi.