Finora, tutto bene. Nelle urne la protesta è stata
significativa ma contenuta. La firma al patto di stabilità ha confermato la
sintonia con il governo nazionale, il sindaco di Aosta è al lavoro. I fatti
hanno confermato che problemi si risolvono con serietà, e non basta far
moralismi quando poi non si è pronti ad accogliere i migranti. E’ partito un
bando per l’innovazione da 3 milioni e mezzo con i fondi europei, 350 forestali
hanno un lavoro, e persino un nuovo asteroide ha ottenuto il nome “valléedaoste”.
Qualche anno fa, sarebbe stata la routine della Valle Felice:
oggi sono novelle che stentano a far tornare il sorriso. C’è un rumoreggiare di
fondo di un contesto diverso. Il sistema di buone condizioni di lavoro, opportunità
e soluzioni dipendevano dal ricco bilancio regionale e da un tessuto di organizzazioni
e strutture che interagivano in modo compatibile.
Oggi, con meno risorse e la necessità di fare sviluppo lo
stesso, gli equilibri tra le strutture e le persone sono peggiorati, per
trasformarsi in una generale condizione di paura, di atteggiamenti difensivi,
corporativi, conservatori. La scuola
valdostana che espelle uno studente su cinque non si tocca: e si protesta contro
il preside-sceriffo, a conferma che gli insegnanti vanno bene così come sono. Conferire
la spazzatura più lontano e con maggiore selezione comporta un impegno che si
rifiuta, anche se il risparmio è di 400 mila euro all’anno. Lo stipendio al Casinò va difeso, anche se supera la soglia del pudore. Non si vuole aumentare
il numero delle guide turistiche, anche se manca chi parla russo. La centrale
del latte è un rudere, ma è della Regione, quindi di un ufficio, quindi di un
numero limitato di persone: che prendono il tempo che vogliono per decidere cosa
farne.
Si badi, sono tutte reazioni legittime, perché quel preside
è antipatico, l’impegno per la differenziata è appunto aumentato, il lavoro è
precario. E’ un borbottio che non trova ragioni per giustificare il presente e
le sue scelte obbligate, che si alza di tono perché non capisce il futuro.
Perché mancano un disegn e una prospettiva mentre la politica – soprattutto in Consiglio
regionale – è totalmente in silenzio. Le mille interpellanze dell’opposizione esprimono
paure e insufficienze a cui si risponde con posizioni difensive da
amministratori del presente, non del futuro di una comunità: senza indicare un
indirizzo collettivo e quindi un orizzonte trovare giustificazione al
cambiamento in corso.
Enrico Martial